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Chiesa
Crediamo in una sola Chiesa
Pietro Siffi, ppanews.it
Quando alla Messa domenicale i fedeli recitano il simbolo niceno-costantinopolitano e dicono Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam, affermano solennemente di credere che la Chiesa è una sola, che è santa, che è universale e che ha mantenuto intatta la successione apostolica. Una, come una è la Sposa di Cristo. Una, come uno solo è il suo Capo. Lo chiede il sacerdote al nostro padrino durante il rito del Battesimo: Credi la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica? Ce lo chiede nuovamente il Vescovo durante la Cresima: Credi la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica? Ce lo domanda tutti gli anni il celebrante nel rito della Veglia pasquale: Credi la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica? Ogni volta abbiamo risposto Credo. E quel credo significa: sottometto la mia intelligenza con un atto di volontà, affinché aderisca a questa verità perché è il Signore stesso che l’ha insegnata e ha comandato alla Chiesa di trasmetterla intatta. Ora il Papa, per mezzo della Congregazione della Dottrina della Fede, non fa altro che chiedere a ciascuno di noi: Credi la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica? E con questo ribadisce un insegnamento costante, non perché agisca a proprio piacimento, ma perché egli ha ricevuto da Cristo, nella persona del Principe degli Apostoli, il mandato di reggere e governare la Chiesa confermandola nella verità. Non diversamente ha fatto quando ha ricordato la dottrina sulla Santissima Eucaristia, sul Sacrificio della Messa, sulla Comunione dei Santi, sulla natura umana e divina di Cristo. Egli è pastore, e come tale pasce il gregge affidatogli dal Salvatore. Stupiscono non poco le esternazioni di autorevoli esponenti delle comunità acattoliche. Cosa si aspettavano? Che il Papa dicesse che la Chiesa di Cristo è lacerata e che la sua unità si avrà solo quando la Chiesa di Roma avrà rinnegato tutti i suoi dogmi, accontentando tutti? Ci si aspettava forse che il Pontefice iniziasse a mercanteggiare questo o quel punto del Magistero? Ma certo! Chiedetegli di innegare il Filioque e il Primato del Vescovo di Roma per compiacere gli scismatici d’Oriente; di rinnegare la trasustanziazione, la dottrina sulla Grazia, sui Sacramenti, sulla Messa, sui Suffragi, sulle Indulgenze, sulla Comunione dei Santi, sul Sacerdozio ministeriale, sulla Immacolata Concezione, sull’Infallibilità pontificia, sull’interpretazione delle Sacre Scritture e via elencando per compiacere luterani, protestanti e anglicani. E per non far torto a nessuno, chiedetegli di rinnegare la Santissima Trinità e la divinità di Gesù Cristo per non offender gli ebrei e i maomettani. Chiedetegli di non adorare un solo Dio vero e vivo, ma più divinità per non far torto ai politeisti, o di adorare le forze della natura per rispetto verso gli animisti. Anzi: chiedetegli di tacere del tutto e di ritrovarvi in quel di Assisi, come ai bei tempi, facendoci credere che è possibile l’unità prescindendo dalla Verità. E non dimenticate di portare dei polli da sacrificare sui nostri altari, visto che nei vostri templi vi guardate bene dall’ospitare simili baracconate. Siamo seri: ogniqualvolta il Santo Padre esercita il suo ministero, lo si attacca. Piace solo quando saluta in tutte le lingue dall’alto del balcone del Palazzo Apostolico, o quando parla della pace e della solidarietà. Ma quello sappiamo farlo tutti: non occorre essere infallibili per dire che le guerre sono un male per l’umanità o che dobbiamo volerci bene. Et ethnici faciunt hæc. Quel che dà noia al mondo è sapere che un vegliardo dai capelli bianchi è amato e venerato da milioni di Cattolici come il loro supremo Pastore; sapere che a quel vegliardo, quando parla ex cathedra, il Signore assicura infallibilmente l’assistenza dello Spirito Santo nelle questioni di fede e di morale; che a lui, successore di San Pietro, Dio ha affidato il potere di aprire e chiudere le porte del Cielo. Questo è lo scandalo per le menti orgogliose e ribelli del nostro tempo: esse chiedono libertà assoluta, anche di ribellarsi a Dio, di calpestare la Sua legge, di bestemmiarne il Nome. La parabola del Buon Pastore ci insegna l’amore e la sollecitudine di Cristo nell’andare alla ricerca della pecora smarrita. Ma ci insegna anche che quella pecora è oggettivamente smarrita, e che essa deve far ritorno nell’ovile dove sono riunite al sicuro tutte le altre. Ci insegna infine che ai mercenari non interessa nulla delle pecore, perché non sono loro, e che solo il Buon Pastore ama le sue pecore ed esse riconoscono la Sua voce. Sentirsi ricordare da Benedetto XVI che la Chiesa è una, e una sola, smaschera quello spirito di ribellione che portò gli eretici e gli scismatici di ogni epoca a ribellarsi alla voce del Pastore, a rifiutargli obbedienza, ad abbandonare l’unico Ovile per vagare nelle tenebre. E se qualcuno ha potuto pensare che la Chiesa avesse rinnegato la propria Fede per compiacere allo spirito di questo mondo; se qualcuno ha creduto che due millenni di Cattolicesimo potessero essere dissolti come neve al sole da trent’anni di miserabili deviazioni dottrinali, sappia che la dimostrazione più efficace della costituzione divina della Chiesa consiste nell’aver saputo fronteggiare crisi ben peggiori e nemici più temibili dei quattro petulanti che oggi gridano allo scandalo. Dentro e fuori della Chiesa.
Para citar este texto:
"Crediamo in una sola Chiesa"
MONTFORT Associação Cultural
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Online, 22/12/2024 às 01:19:14h